venerdì 2 aprile 2010

Soprannomi



La forza di un soprannome è quella di richiamare caratteristiche fisiche o caratteriali di una persona, di riuscire ad identificarla anche senza saperne il nome o senza averla mai vista. All’Università avevamo Occhi Pallati, Bello culo e Voglia di Topa Bionda. Quest’ultimo era un insegnante che aveva un ciuffo chiaro in evidenza da un lato della sua testa nera. Sarebbe un peccato avesse perso con gli anni o con lo sbiancare dei capelli quella strana caratteristica che lo contraddistingueva tra decine di altri prof.
Devo ammettere che anche io ho avuto parecchi soprannomi: Cugino Hit, quando portavo i capelli lunghi e li usavo come perfetto nascondiglio se mi scappava da ridere, Mammina perchè già prima di essere mamma mi preoccupavo delle abitudini alimentari e dell’abbigliamento dei miei amici, e Cioco Blocco, per le mie innate capacità nella Dance Music. Quando ho scoperto che mio marito era chiamato Piddu dagli amici di sempre, e gli ho chiesto una spiegazione, lui mi ha risposto “Piddu Ginu il contadino”, che a me sembra più una filastrocca che una motivazione. Ma i soprannomi sono come le barzellette, se te li fai spiegare perdono il bello. E allora ascolto e basta quando mia nonna mi racconta della Ciucia di Venezia, della Zizzi e del su’ figliolo, e di Ciccia Nera, che poi sarebbe il mio babbo.

2 commenti:

Spartacus ha detto...

Dalle mie parti i soprannomi vengono comunemente usati al posto dei cognomi, e vengono di solito ereditati da tutti gli appartenenti alla stessa famiglia, come se fosse un cognome alternativo, a meno di non meritarne uno ad-hoc, per "meriti personali" e diventare quindi il capostipite di una nuova famiglia.

Supponiamo ad esempio che tu, una domenica qualunque, arrivi in cerca di Giuseppe Ottaviani e chieda indicazioni ad una delle tante persone che la domenica mattina oziano al sole di una delle tante piazze dei paesi d'Italia.
Il massimo che puoi aspettarti sono delle scuse per non poterti aiutare ed un invito per un caffé al bar, perché l' ospitalità é comunque sacra.

Se invece chiedessi di Peppe "Sturafratte", allora otterresti indicazioni precise, più di quelle di un Tom-Tom, se non addirittura l' offerta di accompagnarti personalmente.
Quello di "Sturafratte" è solo un esempio, che vale anche per Gigetto "Er saponaro", o per Dino "Senza culo", o per Francesco "u Peccatillu", cioé "il Diavoletto", famiglia alla quale mi onoro di appartenere.
In particolare, questo soprannome sembra nascere dal fatto che il nonno di mio nonno fosse un tipo alquanto irrequieto, da ragazzino.

In effetti, come dici tu, i soprannomi derivano quasi sempre da caratteristiche fisiche o caratteriali, da essi sono nati i cognomi e non mi stupirei se un giorno Giuseppe Ottaviano decidesse di andare all' anagrafe per cambiarsi in Giuseppe Sturafratte. E' una maniera per rafforzare il proprio senso di identità, per questo io credo che si debba comunque essere orgogliosi del proprio soprannome, sia esso "Nibbio" piuttosto che "Coticanera" o "Piddu", come nel caso di tuo marito.

Quello che mi chiedo, allora é:
fra qualche decina di anni, ad Arcore, quanti "papi" saranno orgogliosi del proprio soprannome?

Verosimile ha detto...

Le tue parti deve essere davvero un posto caratteristico, e sono felice di avere conosciuto anche solo virtualmente "u Peccatillu". Comunque da noi i soprannomi sono personali e non familiari. Al massimo un "Bistecca" può avere una figlia soprannominata "Braciolina". Spero che sia così anche ad Arcore, e che papi resti solo quello che conosciamo già, che è pure abbastanza.