lunedì 30 agosto 2010

Pollice verde



Ieri ho annaffiato le piante. Una sta male. Forse è morta. Non avendo un battito cardiaco, non posso essere sicura che sia morta, ma i fiorellini gialli sono spariti e le foglie sono secche e marroni, ci vorrebbe una diagnosi. Anche il fagiolo di mio figlio piccolo non se la passa bene. Ma forse c’è qualcosa sotto, non dispero. Da piccola avevo una patata americana. Tutti hanno una patata americana da piccoli, se non possono avere un cane. È come una patata normale, ma dalla forma oblunga. L’avevo messa nell’acqua, poi piantata, e le foglie erano andate su tipo rampicante. Poi si erano spente. Mia mamma, che non era così fan dalla patata americana, colse al volo l’occasione del trasloco e, con la scusa delle foglie spente, disse che era morta. Invece scoprimmo che si era sacrificata, aveva fatto tanti patatini nella terra che stavano per sbocciare. Nonostante tutto mia mamma buttò via mamma patata e figli. Non uccidete mai le patate americane dei vostri bambini. Ecco perchè continuo a tenere quella pianta di fagiolo ingiallita, anzi potremmo piantarci un nuovo fagiolo, un figlio, come dice il più grande “Vero mamma, la vita non finisce mai, perchè le mamme fanno i figli e poi i figli e i figli”.
Comunque mentre annaffiavo le piante ho visto un piccolo geco. I piccoli di geco sono quasi trasparenti ed hanno due grandi palline nere al posto degli occhi. Mi piaccioni i gechi. Ha guardato dentro casa nostra, poi mi ha visto e si è nascosto nel bordo della porta del terrazzo. Io ho fatto finta di niente, già abbiamo visto sua mamma una volta sul terrazzo. Chissà come ci vedono i gechi, cosa pensano di noi e delle nostre case. Ci hanno frantumato le palle su come ci vedono le api, o le mosche, ci mostrano otto immagini di noi e sostengono che le api ci vedono così. Vedere otto di noi fa una certa soddisfazione, ma sono convinta che il cervello delle api rielabori le otto immagini e mostri quella di un solo grande essere coglione, l’essere umano. E un cane? Cosa pensa un cane da appartamento quando si stende sul divano del salotto, o un granchio quando ci vede i grossi piedi al mare?
Torniamo alle piante. Forse quella coi fiorellini gialli era stagionale. Mi dispiace molto che sia secca. Non sai mai se l’hai bagnata troppo o troppo poco, se è colpa tua, se sotto ha i bulbi e rinascerà il prossimo anno. Le piante dovrebbero imparare a darti dei segnali precisi, tipo le statuine della Torre di Pisa che cambiano colore col tempo. Giallo, sto male dammi acqua; marrone, troppa acqua; floscia, troppo sole; dura, troppo freddo. Cose semplici così.
Ma magari sotto ha i bulbi. Si sotto ha i bulbi. La lascerò nel vaso, la curerò, se non sarà lei, il vento porterà un seme e magari sarà ortica.

venerdì 27 agosto 2010

Curiosità



Abbiamo passato la serata accanto ai pescatori, seduti sugli scogli, le gambe penzoloni sopra il mare, con la luce del crepuscolo. Ad un certo punto un nonno, che pescava con la canna accanto al nipote, ha aperto una innocua scatolina di plastica bianca e ne ha tirato fuori un baco dalle dimensioni spaventose. Ci mancava un ROAR, ed avrei pensato ad un leone in gabbia. Mi ha detto “È il verme di Rimini, le orate ne vanno ghiotte”. Mi ha fatto vedere i denti neri, mi ha spiegato che può essere lungo anche 2-3 metri per 3 centimetri di diametro, che resta a lungo vivo nell’acqua. Poveraccio.
Costa 14 euro al chilo. Avete capito bene. Con 14 euro al chilo ci compro il pesce direttamente. OK, non l’orata fresca, ma chissà quanti vermi lenza ami piombi si usano per prenderla. Vabbè, è la passione per la pesca. Posso capire. Ma cazzo tenersi un simil serpente in casa per settimane! Poi uno si affeziona, chiede scusa prima di tagliare un pezzetto da usare come esca, dispiace anche se poi il verme sopravvive. Insomma ti viene di metterlo al guinzaglio e portarlo a fare pipì ai giardini, magari incontri un coniglio nano e fanno amicizia.
Secondo me il Verme di Rimini, fatto in forno con le patate tipo arrosto, è pure buono

giovedì 26 agosto 2010

Timorata



Io non ho paura dei ragni.
Io non ho paura di tuffarmi o di immergermi.
Io non ho paura del buio.
Io non ho paura di volare.
Io non ho paura dei cambiamenti.
Io non ho paura ad arrampicarmi sugli scogli.

Io ho paura della morte.
Io ho paura di perdere il lavoro e non riuscire a mantenere i miei figli.
Io ho paura per i miei figli.
Io ho paura delle strade e delle macchine.
Io ho paura dell’inquinamento.
Io ho paura del dentista.

lunedì 23 agosto 2010

Notte prima del rientro



Mi ritrovo come ogni anno travolta dalle vancanze estive, a farne un resoconto che ne tracci i lineamenti principali, visto che non ne ho avuto tempo prima. Stanotte, reduce dalla panzanella con cipolla rossa, dai fagioli, dal tonno e da mezzo melone fresco, è stata una notte bellica. Il tutto ha reso il rientro in ufficio ancora più tormentato, e nostalgico delle giornate al mare.
Comunque tutto bene. Insomma dopo le vacanze ci si rivede e si chiede “Come è andata?”. “Tutto bene”. Bel tempo, mangiato bene, divertiti. Con varie amenità. Avrei davvero voluto fami un piccolo tatuaggio col simbolo del Ju, ovvero della flessibilità, ma i corpi livornesi inorgogliti da disegni di ogni sorta, dimensione e colore, tanto che anche le nonne hanno il nome del nipote stampigliato sul braccio, mi hanni fatto passare la voglia. Davvero troppo, anche se talvolta interessante. Ho scoperto invece che a Piombino, 100Km più a sud nelle stessa provincia, usano le puppe rifatte. Rifatte grosse. Curioso il fenomeno della bidensità. Ovvero puppe sode, culo moscio. È un po’ come rompere un uovo, il giallo resta lì tondo e compatto, il resto si spande gelatinoso occupando lo spazio a disposizione. Prendete due uova crude, apritele su una sdraio una accanto all’altra, e l’effetto è il solito.
Poi; ho un sacco di amici o conoscenti che si separano, anche belle famiglie con figli piccoli. Il secondo flusso, la nuova ondata di single appesantiti da un pregresso familiare affettivo ed economico, un triste mix di situazioni e vissuto che a me sinceramente spaventa parecchio, e mi viene da pregare, come se fossi credente, come si fa quando si ha timore.
Ho rispolverato il tuffo alla militare per i bimbi ed i loro amichetti, abbiamo vissuto come campeggiatori per circa due mesi, vedendo casa solo per dormire, rincorrendo i panni stesi e fuggendo il ferro da stiro. Talvolta ho anche fatto ricorso alle lavatrici 40 gradi chiari e scuri tutto insieme.

“Effetto Venezia” la prima settimana d’agosto lungo i canali livornesi ha sempre il suo fascino; quest’anno ho assistito per la prima volta allo storico Palio dell’Antenna, e sono anche stata coinvolta nella stesura di una piccola intervista sulla specialità remiera della Scia, che uscirà la prossima estate in un giornalino dedicato al Palio livornese.
A Campiglia Marittima “Apriti Borgo” riscopre i sapori ed i colori di una Toscana antica; mio suocero ha passato la serata a salutare conoscenti ed amici di ogni età. A me è ovviamente venuta la casite, ma dovrei contare sui risparmi dei miei figli e sulle vendite dei vecchi giocattoli alle botteghine dei bagni per riuscire a comprare una cuccia per cani.

venerdì 6 agosto 2010

Letture estive



“Just to amuse myself, and keep the good people busy, I ordered them to build this City and my palace; and they did it willingly and well. Then I thought, as the country was so green and beautiful, I would call it the Emerald City, and to make the name fit better I put green spectacles on all the people, so that everything they saw was green”.
“But isn’t everything here green?” asked Dorothy.
“No more than in any other city,” replied Oz; “but when you wear green spectacles, why of course everything you see looks green to you.”

“…I am ashamed to say that I cannot keep my promises.”
“I think you are a very bad man,” said Dorothy.
“Oh, no, my dear; I’m really a very good man; but I’m a very bad Wizard, I must admit.”

“How can I help being a humbug,” he said, “when all these people make me do things that everybody knows can’t be done? ...”

“Oz was always a friend. When he was here he built for us this beautiful Emerald City ...”
Still for many days they grieved over the loss of the Wonderful Wizard, and would not be comforted.

martedì 3 agosto 2010

Tempo di saluti

Gli addii non piacciono a nessuno. Molte persone in questo mese mi hanno salutata, indotte più o meno volontariamente a lasciare l’azienda per la quale lavoro. Qualcuno è tornato nella propria città, qualcuno si è traferito, qualcuno è solo a pochi chilometri di distanza. Eppure tra questi conoscenti o amici c’è stato un contatto, mi hanno parlato di loro, mi hanno ascoltata. È nato talvolta un’embrione di amicizia. Chissà se capiterà di incontrarci ancora, magari per caso, in ferie in Corsica. Ho spulciato mail di saluti e raccolte regalo cui abbiamo partecipato per comprare un Notebook, una macchina fatografica, uno zaino, un buono in un negozio, un tagliasiepi elettrico. Quella del tagliasiepi elettrico mi è piaciuta particolarmente. Ce lo vedo, Mario, alle prese con una siepe corpulenta. Ce lo vedo, Luca, attento a non farsi pungere dalle sue api.
Arrivano ragazzi nuovi, giovani, con i loro contratti a termine, tre mesi, sei mesi, un anno quando va bene. Sono anche contenti, invece penso che io alla loro età ho potuto scegliere tra molte offerte a tempo indeterminato. Ma non glie lo dico, era il ’97, adesso nel 2010 le cose sono diverse. Eppure avrei scommesso che sarebbero migliorate.