venerdì 19 febbraio 2010

Basta, vado in montagna

Nudo di donna che cuce



Ho scoperto ieri che una mia conoscente fa la spogliarellista. Me lo ha detto una conoscente comune, senti la’. La cosa mi incuriosisce, vorrei chiederele tante cose. Purtroppo io non ne sarei mai capace, mi vergogno, se faccio la sexy divento ridicola, la mia postura e’ condizionata da 15 anni di Judo agonistico e leggermente migliorata dagli ultimi anni di aerobica-total body-sanasega. Insomma non fa per me, cio’ anche le puppe parecchio piccine, ma magari si guadagna bene, suppongo. Senza necessariamente doverla dare, suppongo. Punto, fine del discorso.
Invece qui non si fa che parlare di questo, almeno ieri. Spero oggi no. Queste donnette bigotte schiave dell’aspetto fisico si palleggiano chi lo sfoggio di un trofeo (ovvero “Io conosco una che bla bla bla”, e allora i maschietti “Ma davvero? Fammela conoscere”. Ma pensate che ve la dia? Spiegatemi la logica perche’ non la capisco!) chi lo sfoggio della distanza (ovvero “Ah io volevo uscire con lei per un aperitivo, ma adesso che so cosi’ mica ci vado, che poi se mi vedono con lei chissa’ cosa pensa la gente”. E cosa vuoi che pensi? Mica guardano tutti te, mica esci con uno spacciatore o un mafioso o un assassino).
Insomma basta questo mondo bigotto mi ha stufata, mica sono meglio allora quelle sciacquette che in TV mostrano il culo e le tette rifatte facendo finta di essere “una tipa solare semplice la vicina della porta accanto”. E’ ipocrita e’ falso e’ da donnette. Che prima indossavano la cappina a fiori e stavano affacciate alle finestre a parlare con la dirimpettaia, adesso cianno i tacchi a spillo guidano la macchina e si lavano la bocca con i cazzi degli altri.

giovedì 18 febbraio 2010

Chidi e Roberta

Arrivo sempre presto al lavoro ed ho fatto amicizia con la ragazza delle pulizie, Roberta. L’anno scorso era da sola, ma La Ditta cercava una seconda persona per poter gestire ferie e malattie. Ne hanno provate quattro o cinque. Tutte, tranne una che ha preferito un lavoro in pizzeria, entro la prima settimana hanno accusato una colica notturna, hanno presentato il certificato medico e non si sono piu’ fatte vive. Ho temuto il peggio; che sia in giro il virus delle coliche notturne? Mica lo prendero’ anche io!
Poi finalmente e’ arrivato Chidi. Un ragazzo giovane dalla pelle scura. Molto sorridente, come Roberta. Entrambi immuni dalle coliche notturne. Saranno vaccinati? Chidi e’ contento perche’ puo’ lavorare al mattino, finire presto ed andare ai corsi universitari presso la Facolta’ di Ingegneria. Gli abbiamo anche prestato dei libri, qualcuno qui in ufficio ha ritrovato qualcosa su Fortran e Matlab che poteva essergli utile. Anche Roberta dopo le pulizie del mattino ha un altro lavoro, fa la baby sitter. Fortuna che non soffrono di coliche notturne.
Comunque Chidi e Roberta sono simpatici e si fanno ben volere da noi impiegati. Anche se ho notato che qualcuno apre le finistre appena se ne sono andati sostenendo che “Lui puzza”. Puo’ essere, ognuno ha la sua pelle ed il suo odore. Anche io puzzo, parecchio, di sudore. Qualcuno in ufficio fa pure dei gran rutti al sapore di mortadella digerita, dopo pranzo. In un open space abbiamo anche un dirigente che ogni tanto passa molla una scurreggia e poi scappa. Anche noi bianchi puzziamo.
Si potrebbe dividere l’Italia a meta’, come il mio ufficio, quella con le coliche notturne e quella senza coliche, quella che ha voglia di lavorare e quella che non ne ha, quella non razzista e quella che lo e’, quella che puzza e quella che non puzza. Io sto in quella che puzza.

martedì 9 febbraio 2010

Casalinghe



Ho i bush a casa. Quelli che rotolano sul pavimento alla brezza del tuo passaggio, si annidano negli angoli e sotto il divano, restano impigliati alle gambe delle sedie. Batufoli di polvere e capelli, neve nera caduta dal soffitto.
Ho la polvere. Qualcuno mi dica la composizione chimica della polvere, perche’ e’ sporco, ma non e’ terra ne’ merda ne’ forfora. E come si forma? Forse e’ figlia dei raggi di sole che traspaiono dai vetri delle finestre rivelando un pulviscolo sospeso che sta li’ a prenderti per il culo “Tanto non mi acchiappi”.
Ho le gocce di calcare nel lavandino. Il calcare e’ piu’ facile, il nome lo rende parente del calcio, dei calcoli, dei sassolini.
Ho le gocce d’acqua sullo specchio del bagno, sembra l’abbia portato sugli scogli di Calafuria a prendere due schizzi.
Ho il cesto dei panni sporchi che sputa fuori mutande ingiallite dalle perdite tra un ciclo e l’altro e calzini spaiati puzzolenti. Quando una donna vi dice che non porta le mutande rispondetele che e’ una bugiarda schifosa, o una sudicia, perche’ allora dovrebbe cambiarsi un paio di pantaloni al giorno e buttarne un paio al mese. Oppure portare i salvaslip direttamente sui pantaloni.
Ho la lavatrice piena di roba da stendere.
Ho il frigo ricco di avanzi. Le cacatine di cibo che io mi ostino a non buttare per questioni etico – ambientali che fanno del frigo una tela d’Arlecchino.
Non lucido l’argenteria con la scusa che mi piace l’argento invecchiato.
Non so cucinare. Mi annoio con i soliti piatti: carne alla piastra, frittata, uova sode, minestra di verdura, pasta al pomodoro, pesce in forno, cavoli in salsa, insalata. E poi riparto dal primo.
Ho il tappeto pieno di briciole. Stasera per cena mangiamo quelle, direttamente sul tappeto ovviamente. Sempre che qualcuno non mi sveli che la composizione chimica della polvere di cui sopra e’ velenosa.

Pero’ la mattina do aria.

venerdì 5 febbraio 2010

Geloni



Quest’anno ho i geloni alle mani. E’ la seconda volta nella vita che mi capita, la prima fu quando ero prossima alla laurea, quindi piu’ di dieci anni fa.
I geloni sono qualcosa di antico. Se le parlassi dei miei geloni, mia nonna mi racconterebbe di quando li aveva lei da bambina, cosi’ doloranti da non riuscire piu’ a scrivere. Per questo la maestra delle elementari la puniva con aggravanti bacchettate sulle dita. Per questo, e per la miseria, i suoi genitori la tolsero da scuola. Sapeva appena scrivere, per fortuna sapeva leggere, altrimenti adesso non so come farebbe senza i suoi romanzi e “Intimita’ della Famiglia”. A volte da bambina tornavo da scuola e tentavo di insegnarle quello che io avevo imparato, le facevo i dettati, controllavo gli errori, le davo il voto e a fine anno la pruomovevo. Se lo meritava. E mi raccontava quella dei geloni. Che poi a Livorno quando diciamo “Ciai i geloni” puo’ anche voler dire che sei geloso; e allora “mettiti le babbucce” continua mia nonna.
Comunque un po’ per il freddo di questo inverno, un po’ per il motorino delle 6 del mattino, un po’ per una micro circolazione poco efficiente, quest’anno ho di nuovo i geloni. Soprattutto alla mano destra, dove le dita sono gonfie arrossate doloranti e pruriginose. Le creme alleviano appena il dolore, l’attivita’ sportiva lo risolve temporaneamente. Quello che ricordo e’ che scompariranno davvero solo con l’arrivo della bella stagione. Mi accompagneranno per tutta la stagione del gelo.
Evviva! Non mi sentiro’ mai sola.

martedì 2 febbraio 2010

Della zuppa e della motivation



L’attesa del nuovo organigramma in una multinazionale leader nel settore genera sempre molte aspettative e curiosita’. Gli impegati si chiedono chi sara’ il loro nuovo capo e se davvero la ditta per cui lavorano dimostrera’ questa voglia di svolta e reazione alla crisi con fatti concreti. In realta’ quello che di solito avviene e’ un grande rimescolamento della zuppa delle anime, l’aggiunta di qualche personaggio che del minestrone non cambia il sapore e, come avviene in politica, il ripescaggio di rape, sedani e patate da allocare in posizioni pre-esistenti piu’ o meno a caso. Se poi c’e’ qualche posizione mancante, si possono inventare il Capo della Prontezza, il Capo della Consulenza, il Capo della Strategia, il Capo della Facilitazione. Gira gira gira il mestolo, pesca pesca pesca il manager.
Quando ci viene rischiesto uno sforzo ulteriore per superare una situazione di crisi economica ci aspetteremmo grandi cambiamenti anche sul lato manageriale, che so un capo che ha ripetutamente fallito puo’ anche essere non dico licenziato (tiene famiglia), ma messo a lavorare sul serio, in gruppi operativi, o anche a fare fotocopie, con stipendio commisurato all’attivita’ svolta. Eppure non funziona cosi’. Gira gira gira il mestolo, pesca pesca pesca il manager.
A noi poi dicono che gli incrementi di salario non aumentano la motivation. Certo pero’ che neanche certi segnali dei nostri dirigenti. Certo pero’ che neanche disattendere certe promesse, come quella del telelavoro, cosi’ importante per chi viene da lontano. Gira gira gira il mestolo, pesca pesca pesca il manager.
Che poi abbiamo perso la fiducia su chi sta sopra di noi, e sul nostro lavoro. Sara’ vero che se lavoriamo duro salveremo il nostro posto? Non ci saranno dietro decisioni gia’ prese e giochi diversi, tipo quello della borsa, che senza che noi muoviamo un dito ci porta dalle stelle alle stalle. E allora dove possiamo trovare la motivation? Io ci sono riuscita, venerdi’ scorso, e’ stato un unico folgorante attimo. Quell’elefante stava per farla, se ne sono accorti gli addetti ai lavori, forse stava mollando qualche petina, e sono arrivati due signori in livrea senza orlo ai pantaloni, una livrea polverosa. Erano senza guanti ed avevano due grossi catini neri che hanno posto sotto l’elefante, proprio li’, uno per la cacca ed uno per la pipi’. Hanno aspettato, e l’animale li ha riempiti entrambi, uno di merda fumante e uno di pipi’ gialla. “C’e’ qualcuno che fa un lavoro peggiore del mio” ho pensato, e poi “ma forse guadagna di piu’”.
I nostri manager dovrebbero portarci tutti al circo, anche se a volte penso di esserci gia’.