lunedì 31 agosto 2009

Mamme moderne (2)

Mamma Topa (al mare)
La mamma Topa è molto carina e curata, a partire dal costume da bagno, per arrivare ai vestiti con cui si cambia la sera per venire via dal mare, passando attraverso i tatuaggi, piccoli e pochi, in posizioni strategiche. Analogamente babbo topo. E così i topo figli.
Il problema è quando mamma topa apre bocca; anziché squittire, grufola.
Rivolta al figlio piccolo, grida in continuazione “Topo, smetti di tirare la sabbia, tuffati, nuota, vieni a fare merenda, asciugati, fai la doccia”. Ogni tanto la mamma Topa sviene al sole per ore e non ca’a i suoi figli topo, che nel frattempo rischiano la vita su un materassino alla deriva col libeccio. Poi si sveglia e riparte con le grida di cui sopra “Smetti di tirare la sabbia, tuffati, nuota, vieni a fare merenda, asciugati, fai la doccia”. Che soffra di narcolessia e perdita di memoria a breve termine?
Unica eccezione, la gara di tuffi. Nel caso in cui la Mamma Topa voglia far superare al figlio Topo gli altri figli Topo in capacità acquatiche, cambiano il tono e l’attenzione “Dai, tuffati di testa che ti riesce, nuota a stile libero fino alla boa, vai in apnea”. Ovviamente il figlio fa orecchie da mercante, anzi da Topo mercante “Così impari a non ca’armi per ore, spalmata sull’asciugamano sotto il sole” mormora tra sé e sé. E le tira una zoccolo (di legno) del Dottor Schulz sulla testa “Almeno ciai una scusa buona per dormire”.
Mamma Ansia
La mamma Ansia è coerente e stridula. Pensa che tutto si possa risolvere con l’amuchina, un po’ come nel “grasso grosso matrimoni greco”, dove il padre della protagonista risolveva tutto col Vetril, anche la psoriasi. Mamma Ansia è onnipresente, ha riflessi di giaguaro nel raccogliere il figlioletto durante la caduta un attimo primo che rovini per terra, è pronta a gridare alla prima sbucciatura ed a versare litri di disinfettante su un ginocchio appena grattato. Quello che teme di più Mamma Ansia sono comunque gli altri bambini: sporchi, brutti, ma soprattutto mordaci e quindi portatori di innominabili malattie. Per questo preferisce tenere lontano il suo bambino da parchi gioco o spiagge affollate, e preferisce rincoglionirlo con i giochi noiosi e inutili che riesce a propinargli. A Mamma Ansia piace molto chiacchierare con le altre mamme, soprattutto delle proprie misure igieniche e della scarsità delle misure igieniche seguite dalle altre mamme.
Un giorno Mamma Ansia si distrasse un attimo dalla scansione effettuata sul figlio ogni cinque minuti, e lo sorprese a giocherellare con una pallina. “Amore, con cosa giochi?”. Ovviamente pensava fosse una pallina di legno per odorare gli armadi, imbevuta di amuchina. “Mamma, è una palla di merda, ed è bellissima!”, rispose il bimbo. Mamma Ansia svenne e restò priva di coscienza per il resto della giornata. Suo figlio invece si divertì moltissimo.
Mamma Falso-Alternativa
La Mamma Falsa Alternativa recita a livello più o meno conscio la parte della mamma diversa, o artista, o eccessivamente distratta, per non ca’are mai i figli; in realtà non ha voglia di fare una sega. Si appella spesso ad avanzate teorie della pedagogia moderna a sostegno del suo atteggiamento annoiato verso i figli, che abbandona continuamente a se stessi, appoggiandosi possibilmente a nonni o amiche di turno. Predilige il divano, la sdraio, le panchine dei parchi. Come Mr. Magoo, gode di una fortuna sfacciata che permette ai figli di scampare i pericoli che sfidano quotidianamente nel loro libero scorrazzo. La domanda base resta comunque perché la Mamma Falso-Alternativa ha deciso di avere dei figli, ed in genere più di uno, per poi abbandonarli a se stessi. A parole, questo genere di Mamma sostiene di adorare i propri figli, di fare tutto per loro, di passare intere giornate con loro. I fatti ovviamente la smentiscono. Se una Mamma Falso-Alternativa incontra una Mamma Ansia, la prima inconsciamente approverà tutti i comportamenti della seconda. Se un figlio di Alternativa si avvicina al figlio di Ansia, la seconda gli si avventerà addosso per allontanarlo al grido di “Ciai le bolle!”.

martedì 25 agosto 2009

Estate 2009


Devo ammettere che quest’anno, con il nostro rientro in Toscana, l’estate ha assunto nuovamente il suo significato. Ovvero mare quasi tutti i giorni, tuffi, capelli bruciati dal sole, caccia di granchi e favolli, bavose e gamberetti, da liberare in mare alla sera. I bimbi sono ormai degli animaletti neri e scalzi, si lavano i piedi dopo cena lasciando impronte sporche nel bidet. Davvero poco igienico, e molto divertente.
Una sera durante la settimana di ferragosto siamo andati a Campiglia Marittima, attrezzata per l’evento “Apriti Borgo”. Il paesino, arroccato su una collina toscana, merita davvero una visita. Durante questo evento poi, si anima di musicisti, giocolieri, fumettisti, bruschette, guerrieri in stile medioevale. Quello che mi ha colpita di più è stato vedere la gente cenare in piccole case arroccate, con la porta aperta per prendere fresco, come si usava una volta, quando ci fidavamo dei vicini. Ed il circolino ARCI dove abbiamo preso un caffè per 0.5 Euro ed un bicchiere d’acqua della cannella gratis. Sedie impagliate, tavolini in formica, e la vista della foto di cui sopra.
Invece, durante una giornata trascorsa alla Torre della Meloria, col pesce legato ad un legno a caccia di favolli da prendere con le mani, i piedi in bilico sugli scogli della battigia e le mani nelle buche erbose, è uscita una murena. Nera, coi suoi pentolini gialli, e la testa di scuro serpente, probabilmente attratta dal pesce esca, mi ha spaventata tantissimo. Il morso di una murena non è assolutamente piacevole, e devo aver fatto un salto non da poco per tagliuzzarmi così la mano sugli scogli e per spaventare tanto il mio bimbo.
Comunque le serate al mare hanno davvero qualcosa di magico. Non me lo ricordavo più.

Il rientro in ufficio è stato piuttosto pesante, ma ancora qualche scampolo d’estate resiste nei mezzi pomeriggi che passiamo a tuffarci. Fa ancora caldo!
E poi, appena tornata al lavoro, ho imparato un nuovo termine grazie al nostro collega più giovane: sesquipedale. Qualcuno ha pensato a Sestri Levante, io ad un tandem a sei pedali, invece deriva dal nome dei mattoni di un piede e mezzo usato dagli antichi romani, ed è un aggettivo atto ad indicare paroloni lunghi e ampollosi, oppure discorsi esageratamente lunghi.
Non si finisce mai di imparare.

venerdì 7 agosto 2009

Mamme moderne

Come al solito non faccio media e non faccio maggioranza. Del resto non ho neanche votato Berlusconi, né ho mai portato le scarpe con la punta quando erano di moda.
Scorrendo mentalmente le mie amiche e cercando tra queste le mamme non lavoratrici ne scovo solamente una. Se includo anche tutte le mie conoscenti arrivo ad aggiungerne quattro o cinque. Avrei detto, a senso, pensando anche di dimenticare qualcuno, che il 70% delle mamme in Italia lavora. Evidentemente anche le mie conoscenze sono fuori media. Scopro da un documento ISTAT che nel 2001 in Italia lavorava il 47,3% delle donne, il 73,5% in Svezia, il 48,8% in Grecia ed il 51,6% in Spagna. Nel 1999 il tasso di occupazione delle mamme era del 44,9% in Italia, il 41,5% in Spagna e del 48,4% In Grecia.
Comunque hanno ragione. Voglio dire, queste mamme non lavoratrici, hanno ragione. Almeno in Italia. Dove è davvero un disastro. Finita l’era della famiglia allargata, dove si conviveva tutti insieme in uno stesso appartamento, genitori zii e nonni, tra liti e supporto reciproco, era certo più facile portare avanti i figli. Finita l’era della famiglia semi-allargata, con la convivenza di una nonna nella stessa casa, ed il conseguente supporto che ne derivava.
La mamma del 2000 è rimasta sola.
I papà aiutano, o meglio alcuni papà aiutano. I nonni talvolta aiutano, ma con l’aumentare dell’età media del primo figlio, che per una donna in Italia si attesta attorno ai 30 anni, pretendere che i nonni reggano il colpo di un lattante e poi di bambini saltellanti, è difficile.
La società non aiuta. Ci sono gli asili e le scuole materne. In alcune città offrono servizio fino alle 18 ed oltre (ad esempio a Genova), in altre fino alle 15.30 - 16 (ad esempio a Livorno). Nell’ipotesi di una mamma che lavori a tempo pieno, devono intervenire i nonni o la baby sitter.
Alle prime linee di febbre, un dramma. Prima ovviamente la preoccupazione per la malattia, poi per la sistemazione del figlio. Chiamare tata o nonni così all’improvviso può essere difficile. Organizzarsi col lavoro, altrettanto.
Con la scuola, altro dramma. Si aggiungono anche i compiti da fare, e l’uso ormai diffuso di pretendere che siano i genitori a saperli far fare ai figli. E poi arriva l’estate. Che bello! Più di tre mesi di vacanza in cui non si sa assolutamente dove piazzare i cari pargoli. Con le ferie, impossibile coprire un periodo così lungo. E allora le mamme cominciano a lambiccarsi il cervello.
In effetti, anche in quei fortunati nuclei familiari in cui il papà offre un grosso aiuto con i figli, la parte organizzativa resta comunque appannaggio della donna. Al grido di “Sei tu che sei brava in queste cose!”. Evviva, come risolvere il cubo di Rubrik.
Si comincia a ricorrere ai campi estivi, che costano, alle tate estive, ai nonni estivi. E se si ha più di un figlio, soprattutto nel caso di considerevoli differenze di età, si finisce per portarne uno da una parte, uno dall’altra, per poi arrivare al lavoro già esauste. Con l’incubo di dover ripetere tutto il tragitto in senso inverso.
Evviva! Ma non esiste più lo scuola Bus?
Oltretutto, si ha sempre l’idea di trattare i propri amati successori come pacchi da scaricare nell’Hotel delle Cose Accudite, diventano praticamente un problema da risolvere.
Siamo sicuri che la condizione della donna sia davvero migliorata nel corso degli anni? O forse si sono semplicemente aggiunti nuovi oneri ed altri pesanti sensi di colpa verso una maternità affaticata dall’incastro di tempi e impegni?

Si stava meglio quando si stava peggio.

mercoledì 5 agosto 2009

Un po' grande un po' piccolo

Sono grande perche' vado alle palline da solo, a volte sono piccolo perche' ho paura del lupo.

Stile di vita

Dobbiamo cambiare il nostro stile di vita. Il pianeta non potrà reggere a lungo e seguire il ritmo che stiamo tenendo. È assurdo supporre il contrario. Basta guardarsi intorno, osservare i nostri mari, le nostre spiagge, le nostre scogliere, i prati, i boschi, i monti e le colline. Bisognerebbe multare chi butta la spazzatura per terra, chi non fa la raccolta differenziata, le industrie che non rispettano l’ambiente. Dobbiamo minimizzare i rifiuti alla fonte. Le bottiglie di plastica per l’acqua sono dannose, andrebbero vietate. La maggioranza delle persone che non effettua la raccolta differenziata getta ovunque i suoi rifiuti indifferenziati, ovvero di tutto dove sta solo la plastica o solo la carta. E pensa che si possa andare avanti così. Ignoranza e superficialità. Il pianeta è uno solo, questo. Usiamo troppi imballaggi per la nostra merce usa e getta, un euro per una pallina di plastica con dentro un sacchettino di plastica e poi un regalino del cazzo. Si potrebbe almeno evitare la pallina contenitore. Perché a mia mamma portavano il latte in bottiglia di vetro e poi ritiravano e riutilizzavano il vuoto, mentre noi buttiamo via il tetrapak subito dopo aver bevuto il latte?

Le automobili, il mondo è delle automobili e non degli esseri umani. Buttiamo giù alberi secolari in parchi cittadini, ultimi polmoni verdi delle nostre città, per costruire parcheggi. Asfaltiamo per costruire nuove strade, che non saranno mai sufficienti se non cambieremo il nostro modo di vivere e spostarci. Dove prima c’erano i cortili per far giocare i bambini, adesso ci sono parcheggi condominiali con striminziti giardinetti. I centri cittadini si svuotano ed i grandi centri commerciali hanno la meglio perché c’è il parcheggio e lì si parcheggia con facilità. Potenziamo i mezzi pubblici! Dopodiché la seconda auto potrà essere considerata alla stregua di un bene di lusso.

Non sopporto questa umanità arrogante e consumista, che vive dell’usa e getta, e che crede che tutto possa continuare così.

Il pianeta necessita della nostra attenzione.