giovedì 25 giugno 2009

S. Antimo - Stoccolma

Ho preso il dentifricio dei bimbi, quello che sputa pasta e stelline bianche e con la faccia di Shrek sul tubetto. Per non superare i ml delle recenti prescrizioni aeree, ovviamente. Al controllo bagagli ho trangugitato in un minuto il mio mezzo litro di acqua: non potevo portarlo con me, e di buttarlo non se ne parla. Ho messo la bottiglia vuota in borsa ed ho trascorso tutto il viaggio verso Monaco con una voglia irrefrenabile di pisciarci dentro tutto quello che avevo bevuto.
Alle prime turbolenze mi viene un po’ di ansia. Più passano gli anni, più si ha paura di morire, mentre quando siamo giovani e davvero è più ingiusto morire, non ci pensiamo neanche. Dieci anni fa affrontavo praticamente ogni volo con un sonno pacifico.
Avevo anche dimenticato che in aereo, e solo in aereo, si beve il succo di pomodoro; “Tomato juce?”, “Yes, with spaghetti please”. Mi verrebbe da dire alla hostess plastificata che mi chiede cosa vorrei bere.
Certo che il passaggio da domenica, a Sant’antimo, tra querce, ragni giganti, e topo mamme con topo figli al seguito, a questo mondo patinato di aeroporti, è piuttosto brusco.
Mio figlio poi mi ha salutata in lacrime.
Comunque i vestiti delle hostess sono davvero orribili. Il peggiore, quello della British: una tenda da doccia con la cintura. Gli inglesi avranno pure il pregio dell’azione, ma non certo quello dell’eleganza. Altro che “very nice”, a me sembra piuttosto “awful”.
Particolare e grazioso invece ho trovato quello della Singapore Airlines. Passabile l’azzurro della Air Dolomiti, almeno sembrano tutte degli angeli volanti.
Stoccolma me la ricordo congelata, e bellissima. Gli svedesi, congelati, logici, corretti.

Il caffè, tremendo.

giovedì 11 giugno 2009

Bambini (2)

Ieri recita di fine anno. Le recite servono ai genitori (compresa la sottoscritta) per sciogliersi in una sequela di “Guarda bellino!”, “No, bravo!”, e gridolini. E per salutare con la mano il figlioletto sul palco, per farsi riconoscere, non si sa mai. Le recite servono anche ai nonni per passare un paio d’ore in una sala calda, affollata, e su una seggiola di plastica scomodissima, senza fare un lamento, miracolo che si verifica solo in questa occasione. Le recite servono alle maestre per dimostrare il lavoro svolto coi bambini durante l’anno. Non servono praticamente a niente ai bambini, se non a svolazzare su un palco, ignari del motivo.
Comunque ieri c’erano formiche e cicale. Il mio era una cicala. Ho riciclato il vestito del nano Cucciolo, l’ho messo al contrario di modo che i bottoni rossi stessero all’interno, ho creato le antenne con del filo per stendere e le ho chiuse attorno ad una fascia per capelli usando degli elastici verdi. Ne è venuto fuori un piccolo leghista con le antenne, ed ho capito di aver sbagliato tutto. Mentre io cercavo di creare qualcosa di originale e simpatico, ho capito che invece ai bambini piacciono le cose semplici ed il più possibile vicine al quotidiano, per cui sarebbe stato meglio usare pantaloni e maglietta verdi presi dal cassetto di tutti i giorni e aggiungere giusto le antenne. A ragione, mio figlio si è rifiutato di fare la parte del leghista ed ha tenuto solo le antenne, che ovviamente dopo cinque minuti si sono afflosciate lungo i capelli. Del resto non tutte le cicale sono uguali, ci saranno pure quelle con le antenne pendenti.

Le recite servono anche ad un’altra cosa: sono un’occasione per le mamme per infighettarsi dalla testa ai piedi.

Peccato che era caldo, altrimenti avrei potuto riciclare il completo di Capodanno!

giovedì 4 giugno 2009

Bambini

I bambini sono ganzissimi. Ieri alla festa di compleanno al Centro di Accoglienza, o ONLUS come usa dire adesso, il responsabile dei locali e della zona giardino era un signore educato e gentile, attorno ai settanta direi, e quasi senza denti. Due o tre maschietti lo hanno circondato curiosi, ed uno guardandolo dal basso in alto ha esclamato “Il mio babbo è dentista” alludendo ovviamente ai denti. Il signore, che per comodità chiamerò Bruno, ha prontamente esclamato “ Bene, ci andrò per farmi curare”. “È in ambulatorio adesso” ha continuato il bambino, come a dire “Vai adesso, guarda in che condizioni sei”. Un altro accanto ha chiesto al signor Bruno “Te li sei rotti combattendo?”. Ad una certa età i bambini maschi basano tutto sulla forza fisica e la capacità di lottare; penso sia un’esigenza della natura. Bruno ha risposto “Si, ero in Marina”. Sguardo ammirato di tutti i bambini, e pensieri silenziosi.
Quando ho chiesto al signor Bruno se voleva mangiare o bere qualcosa ha risposto “No grazie, ma potresti prepararmi un piattino per la bimba delle pulizie”. Ho preparato due piattini abbondanti, poi Bruno ha aggiunto “È una signorina di 43 anni, signorina perché ha ancora il buco da signorina. Non è del tutto normale, ma pulisce bene ed è golosa”.
Ho aggiunto un altro piattino con delle fette di torta al cioccolato. Spero che la signorina sarà contenta, e soprattutto simpatica come il signor Bruno.

mercoledì 3 giugno 2009

Capelli corti

Porto i capelli corti. Non li porto da sempre, ma li ho sempre portati, a fasi alterne intendo. Comunque, o lunghi o corti. Per me tagliare i capelli così è come fare un tatuaggio; marca indelebilmente un cambiamento. L’ultimo taglio deciso risale alla nascita del primo figlio, e da lì, sempre corti. Sono quasi cinque anni.
Comunque molte donne dai capelli lunghi mi dicono “I capelli corti vanno saputi portare”. Che cazzo vuol dire? I tacchi vanno saputi portare! Se non li sai portare, cadì giù dalle scale. Coi capelli corti non vedo nessuna difficoltà. Allora ho deciso di rivolgermi ad un’esperta. Giovedì scorso sono andata dalla parrucchiera e le ho chiesto cosa significa secondo lei saper portare i capelli corti. Mi ha risposto che solitamente le donne con una forte personalità portano i capelli corti, mentre quelli lunghi servono anche a nascondere il volto.

Se lo stesso vale per i peli, sono debolissima.