lunedì 31 maggio 2010

Istanbul Costantinopoli, Istanbul la grande metropoli



Ho questa musichetta in testa e non mi ricordo da dove arrivi “Istanbul Costantinopoli, Istanbul la grande metropoli”. Ho pensato ai mosaici, all’Impero Romano d’Oriente e d’Occidente. Si ci sono, i mosaici. Non è che in quattro giorni, dopo l’orario di ufficio, si possa scoprire un città enorme come Istanbul. Ma almeno farsi un’idea. Mi è piaciuto il cibo, un po’ speziato, il pesce, la frutta saporita ed i carciofi grandi come meloni. C’è pieno di odori per le strade, di ristoranti che cercano di accalappiarti. Il gelato ha la consistenza della pasta cruda della pizza, il sapore è buono, ma non va leccato come in Italia, bensì mordicchiato come si fa col panforte. Le strade sono cariche di persone fino a tardi, negozi aperti, e ti chiedi quale sia l’orario. Di lavoro, di uscita, di nanna. In ufficio un donnone finlandese ci tiene un corso, ci organizziamo per qualche cliente. Io dovrei cercarmi un nuovo lavoro, o aspettare che me ne assegnino uno nella nuova organizzazione, o che ne so. Ogni riorganizzazione mi sembra in realtà una riconfusione.
Intanto faccio amicizia con la signora che prepara il caffè e che non parla inglese, ma che mi spiega qualche parola turca. Che ho dimenticato. Ma non la sua espressione simpatica. Mi è venuto in mente quando con gli amici andavamo al ristorante turco di Chiavari e ci facevamo leggere i fondi del caffè turco. La signora che lavorava lì leggeva il disegno sul fondo della tazzina rovesciata e ci diceva qualcosa che noi cercavamo di comprendere o applicare. Era un gioco.
Alla TV mostrano il disastro ancora incompleto della BP. La falla è aperta da ormai 5 settimane, e noi umani siamo davvero degli essere ignobili.
Le automobili per le strade corrono veloci e sono moltissime. Troppe.
Preferisco camminare.

martedì 18 maggio 2010

Geloni (3)



“Si tolga le scarpe”.
“Ma veramente io sarei venuta per le mani...”
Un simpatico odorino si sparge nell’ambulatorio. Sono già senza calze, la dottoressa mi tocca i piedi, sono caldi, e puzzano. Le mani invece sono fredde e non puzzano. Forse se avessi le mani calde puzzerebbero anche quelle.
Comunque niente, mi dice che probabilmente non è Raynauld, ma un problema circolatorio. E mi suggerisce altre analisi, per poi rivederci. Stavolta mi laverò i piedi prima della visita.
Esco e trovo un capannello di persone attorno ad un signore sui 70, ben dritto e ben vestito, in preda ad un’amnesia totale, senza documenti, che non ricorda il suo nome né dove vive, ma solo che sua moglie ha una visita lì. Ricorda il nome di sua moglie, che effettivamente ha un controllo il giorno dopo, ma non sa come è arrivato in ospedale ed appare smarrito. Brutta la vecchiaia.
Esco e vengo assalita da ragazzi di colore che cercano di vendermi biglietti del parcheggio parzialmente usati a prezzo scontato (noto moglie e marito che litigano sul da farsi) e quando scoprono che me ne sto andando mi chiedono di dargli il mio biglietto, ormai quasi scaduto. Un business parassitario, un’economia trasversale, un modo per tirare avanti.
Oggi ho anche eletto le parole più brutte di questo mese. Momentum, Challenging e Consolidation. Challenging cavalca la classifica da un bel po’, Consolidation è anche lui un vetarano, Momentum invece rappresenta una New Entry. Secondo me porta male.

venerdì 14 maggio 2010

MUI

MUI è l’acronimo per Men's Underwear Index, ovvero l’indice dell’intimo maschile. Praticamente è un indice che si basa sulla vendita delle mutande da uomo, e che secondo alcuni economisti indica lo stato di salute dell’economia. Visto che gli uomini considerano le mutande un capo di stretta necessità, e non di lusso, la vendita delle mutande da uomo dovrebbe restare costante nei momenti in cui l’economia è stabile, decrescere quando c’è crisi, ed aumentare solo nei momenti di ripresa. Ci sono molte critiche circa la validità dell’indice di cui sopra, ad esempio basate sul fatto che sono spesso le donne a comprare biancheria per i loro uomini, e sul fatto che comunque un uomo si compra mutande nuove solo quando sono lise indipendentemente dal periodo o meno di crisi.
Prendiamo noi per esempio. Mio marito si cambia un paio di mutande al giorno, che mi sembra già un bel traguardo per un uomo. Non gli ho mai comprato mutande, eppure ha il cassetto pieno. Ci pensa mia suocera. Mutande e calzini. È forse un modo per sentirsi ancora madre. Il MUI è quindi anche l’indice dell’attaccamento ombelicale di una madrea al suo figlio maschio. Abbiamo così tante mutande che ogni tanto mio marito ne trova di nuove. L’ultimo è stato un paio bianche con la scritta “Drago”, un po’ piccole per la verità, di cui lui nega la paternità.
Vi sono comunque uomini che tengono le mutande per più di un giorno e le cambiano solo in presenza di sgommata ad altezza culo. In questi casi, visto il numero limitato di lavaggi cui sono sottoposte, la durata sarà sicuramente allungata nel tempo. A scapito del MUI, che quindi indica il livello di pulizia ed igiene personale dell’esemplare maschio. Mi dicono addirittura che in Gran Bretagna i giovani usano non portare le mutande sotto i pantaloni. A me sono subito venuti in mente peli rimasti impiagliati nella cerniera o strappati cercando di chiudere un bottone, ed ho strizzato gli occhi dal dolore. Mi immagino quindi il MUI inglese cadere a picco con grande panico nelle borse locali. In Italia invece i giovani mostrano le mutande come fossero un capo d’abbigliamento, portano i jeans sotto il culo e fanno spuntare delle cose che sembrano di neoprene, griffate della marca del momento. Suppongo che il MUI italiano sia altissimo e allora fa bene il Berlusca a dire che la crisi è ormai finita, passata, alle spalle, o meglio nelle mutande.

mercoledì 12 maggio 2010

Scarpe (quasi) nuove



Stamattina è andata proprio così, ho cercato una maglietta che sembrasse pulita, ho messo i jeans, e le mie scarpe nuove. I bimbi sembrano finalmente sfebbrati e sovraeccitati dal sentirsi bene. Passano da un puzzle all’allegro chirurgo come se fosse antani. Mi hanno sovraccaricata di poesie ricordate a metà, coccole e progressi di gioco, ma soprattutto di buon umore. Ho cercato di fare tutto entro le otto, prima che passasse la spazzatrice meccanica sotto casa con multa automatica delle macchine ancora in sosta, e ci sono riuscita per un pelo. Le scarpe non sono proprio nuove, meglio, sono regalate da una mia amica che non le ha mai messe, e soprattutto sono gialle. Come il sole.

lunedì 10 maggio 2010

Rotture di coglioni spaziali



Ci sono quelle giornate no, decisamente no. Se poi quelle giornate sono il lunedì mattina...
Avere tutte e due i bimbi malati con una tosse da cane lupo, sapere che la piattaforma British Petroleum sta vomitando petrolio nell’oceano causando un disastro ecologico tra i più grandi che la memoria umana ricordi, pianificare un viaggio ad Istanbul col vulcano EyakallaiallaSONASEGA che erutta (un po’ meno), ed il capo del tuo capo che ti dice che forse sarebbe meglio rispondere alle application interne vista la situazione lavorativa. CHE CAZZO di situazione lavorativa allora perchè io ho continue enormi scadenze comprese una per oggi che mi impedisce di correre dai bimbi al più presto possibile? Comunque le application sono per lavori a Stoccolma quando va bene, poi ci sono Abu Dabi e anche EyakallaiallaSONASEGA di prima, che culo! Poi c’è la Grecia, la crisi economica, la rivolta dei poveracci, che poi siamo noi. Basta sono in un vero stato confusionale emotivo con giramento di coglioni spaziale.

Potrebbe andar peggio, potrebbe piovere.