mercoledì 28 gennaio 2009

La terza volta

L’emancipazione della donna ci ha portato a fare grandi passi rispetto a quella che era la vita delle nostre nonne e delle nostre mamme.
Adesso noi possiamo lavorare fuori casa, anche se ormai sarebbe meglio dire che siamo costrette a lavorare anche fuori casa per far quadrare il bilancio familiare. Adesso non fa più parte del normale rapporto di coppia essere picchiate o maltrattate, possiamo rivolgerci alla polizia ed ai consultori, ci diranno che non è giusto, possiamo ricorrere alla separazione e ci diranno che ne abbiamo il diritto, possiamo ritrovarci il nostro persecutore libero a minacciarci ancora. Anche questo è normale. Ma fa più parte di un cattivo funzionamento della giustizia, e quindi una scarsa protezione dei deboli, che di un approccio maschilista alla giustizia stessa. Adesso abbiamo la patente, guidiamo la macchina e la moto, ed altro. Adesso possiamo metterci i jeans. Adesso molte di noi scelgono studi tecnici e scientifici, prima appannaggio completo di studenti maschi, e lo fanno con successo.
Esiste comunque a mio avviso qualcosa in cui dobbiamo ancora fare grandi passi in avanti; la nostra sessualità, il nostro corpo.
Non mi interessa che le giovani di oggi abbiano un atteggiamento libertino, si vestano in modo disinibito, abbordino i ragazzi con grande facilità. Parlo piuttosto della conoscenza di noi stesse.
Intanto, perché “la prima volta” assume un’importanza così grande nell’immaginario collettivo femminile e non in quello maschile? Ovvero per una ragazza “la prima volta” rappresenta qualcosa da aspettare con cura, con chiarezza, di cui essere sicure. Per un uomo, è solo una delle tante successive. Non voglio credere che sia solo la rottura di una membrana a determinarne l’importanza. Se è così siamo ancora nel Medioevo. La prima volta è importante per i nostri giovani e per le nostre giovani, in ugual modo, oppure non lo è per nessuno.
Io non me la ricordo.
Ovvero si, me la ricordo, cioè mi ricordo con chi, dove, quando. Non mi ricordo invece quello che ricordo delle cose più importanti della mia vita, ovvero non ricordo le emozioni che ho provato. Troppo stress, troppa paura di sentire dolore, troppo timore di essere scoperta. Crescendo ho provato a prendermi meno sul serio, ed a vivere con maggiore serenità.
Ricordo invece meglio altre volte, la terza, la centesima, non importa il numero, in cui ho provato maggiore piacere, maggiore passione, ed anche maggiore amarezza per un rapporto che finiva, o gioia per uno che iniziava. Le altre volte, alcune delle altre volte, sono più importanti della prima volta, per cui sfatiamo questo mito. Ed impariamo a conoscerci ed a toccarci, perché solo così capiremo cosa ci piace, cosa ci fare stare bene, cosa possiamo suggerire al nostro partner.
Da ragazzina una mia amica alle prime armi lo aveva fatto col fidanzato due volte in uno stesso giorno “Ovviamente la seconda volta non abbiamo usato il preservativo, perché si sa che dopo non si può più rimanere incinta”. Che ne dite di lezioni sulla sessualità e sul nostro corpo nelle scuole?
Durante il corso preparto per il mio primo figlio ho avuto l’opportunità di conoscere un’ostetrica molto brava e molto famosa a Livorno. Un giorno lei ci chiese se ci toccassimo, magari nell’ordinaria occasione del bidet, e se percepissimo dei cambiamenti importanti. La maggior parte di noi restò zitta, una ragazza rispose che lei non si toccava mai, non si era mai toccata, neanche per lavarsi. L’ho immaginata in bagno con la manichetta della doccia intenta a lavarsi la topa bagnando nel contempo asciugamani, piastrelle e pavimento, oppure nell’atto di avere un rapporto sessuale col rubinetto del bidet nel tentativo di sciacquarsi i peli. Ho anche pensato che evidentemente non si era mai masturbata e mi sono chiesta se almeno quel figlio fosse stato concepito con un orgasmo. Senza pensare all’assorbente interno; evidentemente l’estate la vede costretta ad usare il classico asciugamano tipo gonna, o a non andare al mare.
Senza andare troppo in là, quante di noi sono tranquille nel pronunciare la parola “mestruazioni”? Per inciso, anche se si hanno le mestruazioni si possono toccare le piante senza che queste muoiano. Giorni fa in farmacia mi hanno regalato un campioncino di crema riempitiva (riempitiva?) per le rughe e le occhiaie “Sa, per quei giorni lì, quando si ha la faccia più stanca” mi ha sussurrato la farmacista avvicinando la sua faccia alla mia. “Ah, le mestruazioni!” ho gridato io. Cazzo chiamiamo le cose col loro nome! Non che mi debba mettere un cartello sulla fronte, ma neanche vergognarmi di una cosa naturale.
Quante di noi dicono sempre “Vado dall’estetista” e mai “Vado a depilarmi”. Non è una vergogna, è solamente una schiavitù imposta dalla società moderna e da bikini sempre più minimali, per cui ci si possono depilare le gambe, gli avambracci, le ascelle, i baffi, l’inguine, e i dintorni del buco del culo. E, sentite un po’, si può anche dire, non è reato.
Comunque, si è tanto parlato del punto G, esiste, non esiste, è un ispessimento interno, chissà. Ad un certo punto c’è stato anche uno che l’ha fotografato ed ha pubblicato la foto su tutti i giornali, con sotto la scritta “WANTED”. Questo può essere scientificamente importante. E sono convinta, almeno spero, che gran parte di noi donne sanno se ce l’hanno o meno, o almeno dopo quella foto alcune si saranno pure messe a cercarlo con la web-cam per poi metterlo su face book.
Bene, ritengo che ci siano cose molto più importanti per le donne di oggi. Maggiore conoscenza, maggiore serenità, maggiore consapevolezza di noi stesse. Via i pregiudizi, i falsi pudori, le vergogne, i sensi di colpa stupidi.

Per i maschietti, solo una nota; non fate dei film porno la vostra fonte primaria di educazione sessuale. Soprattutto, non tutte le donne fanno indistintamente sesso con uomini e donne, non tutte le donne che fanno indistintamente sesso con uomini e donne sono stratope con le tette a vulcano, non tutte le donne annoverano lo sperma tra i loro cibi preferiti.

mercoledì 21 gennaio 2009

Coerenza

Ricordo benissimo queste figurine, che a dire la verità collezionava mia sorella, un po’ più grande di me. Sotto la frase “love is” sta qualche altre frase attinente, dolce ed amorosa. Se ci fosse scritto: “love is … darle un calcio nei denti e farglieli cadere tutti quanti” la cosa sembrerebbe piuttosto incoerente e ci farebbe trasalire.
Eppure l’incoerenza sembra imperare nel nostro mondo. È solo l’effetto di questa mattinata febbricitante che mi fa credere di aver ricevuto un messaggio elettronico che mi comunica che siamo forti, siamo bravi, abbiamo raggiunto e superato i nostri obiettivi, quindi taglieremo siti persone piattaforme.

“love is … kicking her in the face so that all her teeth can break.”

martedì 20 gennaio 2009

Uomo Sobrio

A me piace l’uomo sobrio. Per me l’uomo sobrio ha i jeans un po’ larghi sul culo, una camicia, ed una bella maglia colorata. Non mi piacciono gli uomini troppo sofisticati, o troppo eleganti, con le scarpe di legno il colletto rigido e la cravatta triste. Esistera' pure un metodo alternativo per essere eleganti!
Con mio marito ho addirittura esagerato, e mi sono presa un esemplare piuttosto rustico, di cui comunque sono felice.
Per questo quando ho letto che la prossima collezione Autunno/Inverno è all’insegna dell’uomo sobrio, mi sono precipitata a selezionare le immagini cercando degli spunti gradevoli di abbigliamento maschile.
Quindi ho scoperto che con le fodere lucide dei cuscini del salotto dei miei ci posso fare una bella giacca sobria:

Che Crocodile Dundee, però nero, è sobrissimo:

E soprattutto che vestirsi da E.T. Telefono Casa è il massimo delle sobrietà:

Mio marito sarà contento.

giovedì 15 gennaio 2009

Malefica versus Winnie

Le favole tradizionali continuano a suscitare molte polemiche. È soprattutto l’impatto psicologico che certe figure o certi eventi possono provocare nei bambini, a fare maggiormente discutere. D’altronde, se non ci fossero accadimenti complicanti causati dalle forze del male, la storia perderebbe il suo sapore ed il genitore il suo ruolo consolatore e illustratore della morale, almeno per quel che penso io.
Vero è che certe streghe delle favole fanno davvero paura. Che dire di quella di Biancaneve, ossessionata dalla bellezza e dalla paura di perdere il relativo primato. Oggi basterebbe pubblicare un bel calendario, con foto sul bordo dello specchio magico o con la mela avvelenata tra le puppe, e vedere quale vende di più, se quello della matrigna o quello della figliastra.
Ancora più cattiva è, a mio avviso Malefica, che sembra godere ad ogni azione malvagia.

Comunque preferisco sempre queste favole ad altre moderne e senza trama. Senza offesa, ma a me Winnie fa venire due coglioni! E poi vuoi scherzare, se Malefica incontrasse Winnie, lo abbrustolirebbe in un secondo e con l’imbottitura ci farebbe due bei cuscini per il suo corvaccio nero.

lunedì 12 gennaio 2009

La Roba

Ne abbiamo accumulata di roba durante il Natale.
Prima del 25 dicembre ci siamo accodati all’iper nell’ansia spasmodica di un parcheggio, riempiendo il carrello di generi alimentari e non, di centro tavola da regalare alla vicina, candele, panettoni, pacchetti. Il giorno di Natale la zia che non vedevamo da un anno è arrivata con una cazzata cinese che canta e balla tutto il giorno. Ovviamente prima di venir presa a martellate. Una cugina di discendenza incerta ti ha portato un pensierino. Oh che bello, e dove lo metto? Per non parlare del quantitativo di guanti, sciarpe, bagno schiuma e saponette accumulati negli anni durante le festività.
Se ci sono dei bambini il quantitativo di roba è la precedente, al quadrato.
Mazzarò di Verga aveva tutto nei campi, noi accumuliamo nei nostri piccoli appartamenti cittadini sfruttando ogni anfratto più recondito.

“-Qui di chi è? – sentiva rispondersi:-Di Mazzarò-…..-E qui?- Di Mazzarò-“.

Non contenti aspettiamo con spasmodica trepidazione i saldi per poter comprare dell’altro a prezzi ribassati. Ci mettiamo in coda, bravi e silenziosi come nessun italiano fa mai in nessun altra occasione, di fronte all’ingresso del negozio del momento. E più coda c’è più ci viene voglia di farla per vedere se ne vale davvero la pena. E una volta entrati, vuoi che non compriamo qualcosa dopo tutta quella fila fatta fuori al freddo? E quindi nuove scarpe nuove borse nuove sciarpe come se non ne avessimo a sufficienza. Siamo contenti e soddisfatti di tutta quella roba, usciamo orgogliosi dal negozio con pacchi di roba e guardiamo gli altri in coda; noi con la nostra roba siamo quelli che ce l’hanno fatta!

“Tutta roba di Mazzarò….E se gli domandavano un soldo rispondeva che non l’aveva”

Se non c’è da comprare, ci sentiamo sperduti. La domenica con i negozi chiusi ci sembra sempre di non aver niente di meglio da fare che stare a casa con la nostra roba tutta infilata nei cassetti o in vista sui mobili o dimenticata in qualche scatolone.
Forse questo ci dà sicurezza, forse pensiamo di poterla portare nell’aldilà come il carico dei faraoni nascosto nelle piramidi.

Così come Mazzarò, che …”quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando………e strillava:- Roba mia, vientene con me!-.

lunedì 5 gennaio 2009

Brinata

Il mio primo post del 2009 è piuttosto gelido. Stamattina sono arrivata nel parcheggio sotto l’ufficio con un bel -4 segnato dal termometro dell’auto, l’erbetta tutta coperta di brina e delle scarpine verdi col tacco veramente poco indicate per una giornata del genere. In ufficio ovviamente poca gente, ed un inizio di emicrania che si sta trasformando in qualcosa di imperioso man mano che mi ostino a non prendere nessun analgesico.
A mensa il mio piatto di minestra calda è entrato in risonanza sul vassoio ed ha smesso di oscillare pericolosamente solo quando mi sono seduta al tavolo, appena in tempo.
Tutti i mail di lavoro che mi arrivano da persone più o meno sconosciute iniziano con un “First of all, Happy New Year” e poi una sfilza di codici acronimi e sigle. O, che una avesse almeno un 2009 nel mezzo, tanto per restare in tema.
Intanto dal 23 Dicembre mi sento una nomade, no meglio una parassita. Con le mie valigie, marito e figli, infatti, mi insidio in case diverse dove trascorro poche notti per poi ripartire e tornare nella casa di partenza. Senza ancora aver sfiorato la nostra.

Livorno, la mia città natale, non smette mai di farmi sorridere ed allo stesso tempo arrabbiare. Qualche giorno fa stavo cercando di attraversare la strada sulle strisce pedonali con una bici in mano ed i bimbi nell’altra; non si è fermato nessuno, e non so cosa mi abbia impedito di tirare la bici sul cofano di un furgoncino che ha addirittura accelerato. Quando però su un muro cittadino ho letto “Io e te … cinque metri sopra il cielo (a tre c’era troppa gente)” non ho potuto fare a meno di ammirare il senso dell’umorismo di questa mia gente labronica. Che il primo gennaio fa il bagno alla spiaggia dell’Accademia, dopo apre una bottiglia di spumante ed organizza una serata al grido di “Oh, un’invità tegami[1], ce n’è già abbastanza!”



[1] Per tegame a Livorno si intende, oltre che la padella, una donna di facili costume.