La mia casa, il suo giardino.
Le mie amiche mamme con cui parlo e rido ai giardini dopo l’asilo, con cui ci aiutiamo guardando i bimbi a turno nel caso che una di noi debba andare a prendere un fratellino o fare una commissione, le mie amiche con cui compriamo merende collettive per tutti, pacchi di coriandoli per tutti, ghiaccioli per tutti; le mie amiche un po’ sposate un po’ no, un po’ ansiose un po’ no, un po’ tatuate un po’ no.
I miei percorsi, dal lavoro all’asilo ai giardini alla piscina, le mie abitudini.
Il mio Open Space di soli uomini, dove essendo da sola sono la più bella (ma anche la più brutta), la più alta (ma anche la più bassa), la più bionda (ma anche la più mora), e sicuramente la più coccolata. Vuoi mettere lavorare in un ufficio di donne inacidite dalla tintura per capelli e dalla manicure?
I nonni genovesi e la zia, che ci hanno adottato con grande affetto aiutandoci nei momenti difficili, nelle influenze, nei piccoli incidenti dei bimbi.
Il pesto di nonna Rina.
Il centro storico, con i vicoli stretti e le case arrampicate.
La nave bus da Pegli al Porto Antico, il Festival della Scienza, Camogli, San Fruttuoso, Arenzano.
Le partite di pallanuoto dei martedì estivi.
Che cosa non mi mancherà
Il mugugno. Dovrebbero metterlo di nuovo a pagamento, così forse ci penserebbero prima, questi genovesi, a lamentarsi tanto: dei soldi, quando ne hanno tanti, del lavoro, quando sono impiegati, degli amici, quando gli sono accanto.
Le acconciature che le mogli genovesi fanno ai loro mariti; se ti fai tagliare i capelli da tua moglie e lei non è parrucchiera, si vede!
Andare al mare a Genova: alle 7.30 del mattino i parcheggi sono già tutti pieni, c’è coda in autostrada e le spiagge, per lo più private, di odiosi sassolini da fachiro, sono affollate di piemontesi e milanesi venuti e mettere le palle al fresco.
Le bistecche genovesi; quelle non sono bistecche, sono fettine!
Tutto questo cemento sporco di smog.
I negozianti genovesi, che alle 19.20 ti chiudono la saracinesca sulla testa.