martedì 24 febbraio 2009

Questioni di etica

Da neolaureata ho avuto due offerte di lavoro contemporanee. Una a dieci minuti da casa in bicicletta, l’altra a 200km da casa, in un’altra città completamente nuova per me, dove poi ho vissuto inizialmente da sola. La prima offerta veniva da una ditta che produceva armi; il direttore del personale, interessato alla mia tesi sul controllo dei processi, mi ricevette subito dopo il colloquio tecnico. Fu molto chiaro e schietto nel descrivermi l’attività unica di quella azienda, tecnicamente interessante, ma obiettivamente legata al mondo bellico e militare. L’altra offerta, che alla fine accettai, era altrettante interessante, anche se sinceramente l’ufficio del personale fu molto meno sincero con me circa l’attività che avrei svolto in seguito. Due offerte economiche equivalenti, ovviamente la seconda portava con sé degli extra-costi (affitto, viaggi di rientro nel fine settimana, distacco affettivo) che avrei dovuto affrontare.
Non mi pento assolutamente della mia scelta e del percorso che mi ha fatto seguire. Anche perché più che una scelta razionale fu una scelta intestinale. Le parole non sono quasi mai a caso, e capii allora cosa significa “obiezione di coscienza”; è proprio la mia coscienza, un altro io imperante dentro di me, che mi costrinse a dire no, una voce più forte che mi disse che non sarei mai stata soddisfatta del mio lavoro alla sera, tornando a casa, e figuriamoci poi in un futuro con dei figli a cui decidi di parlare della tua attività (la mamma è bravissima nel puntamento, hanno testato i suoi progetti ed uccidono benissimo).
Adesso che lavoro in un settore civile, non posso essere sicura al cento per cento che la mia attività non venga talvolta impiegata per scopi bellici. D’altronde, anche uno che produce bottiglie non può garantire che qualcuno non ne usi una per spaccare la testa a chi gli sta sui coglioni. Ma se avessi accettato l’altra offerta, quella vicino casa, sicuramente avrei progettato armi.
Ora, non condanno gli impiegati di ditte belliche, eppure ci sono cose che non capisco. La coerenza. Conosco cattolici dalla nascita, praticanti, o almeno così dicono, che lavorano lì. Ha un senso? Ha un senso predicare di porgere l’altra guancia e di amare gli altri più di te stesso, e poi accettare attività di un certo tipo? Non so, poi ci sono mille condizionamenti, la famiglia, lo stipendio. Lungi da me la volontà di essere giudice, io che già mi arrovello nel pensare che forse preferirei qualcosa di totalmente distaccato da qualsiasi possibilità militaresca, che so l’insegnamento o una giostra per bimbi, così da avere totalmente la coscienza a posto, sentirmi totalmente coerente con i miei pensieri e con il mio io assolutamente non violento, assolutamente pacifista, assolutamente “ju”.

Eppure, mi dico poi, anche i professori possono insegnare la guerra.

13 commenti:

spina ha detto...

Be' ... in realta' l'azienda per cui tu lavori e per cui lavoro anche io, per lungo tempo e' stata anche un'azienda con un importante reparto militare. E' vero, noi lavoravamo nella parte civile ma non e' una gran giustificazione perche' in ogni caso contribuivamo a portare introiti e ad arricchire un'azienda che comunque lavorava su sistemi di puntamento e simili. E poi chi garantiva che quello che facevamo noi l'azienda internamente non lo riutilizzasse? Anche a me e' capitato di avere 2 offerte contemporaneamente, entrambe a piu' di 100 Km da casa, una di fronte all'altra a pari opportunita' economiche. Alla fine, ahime',la mia scelta non e' stata di pancia ma razionale, quella che era piu' affine alla mia tesi. Mi ricordo ancora mio marito che mi disse "invece di fare ecografi per bambini ammalati vai a fare qualcosa che puo' ucciderli".

Spesso ci nascondiamo un po' dietro ad un dito, io per prima. Le cose si possono vedere da prospettive diverse. Abbiamo fatto la stessa scelta, tu l'hai vista come scelta piu' idealista io come scelta piu' di comodo. Quindi vedi come e' difficile parlare di coerenza.

Ti bacio

Verosimile ha detto...

E' vero, e' difficile parlare di coerenza. Comunque ci ho provato, ad andare a fare ecografi, ma non mi hanno voluta.

spina ha detto...

Quello che voglio dire e' che e' tanto incoerente il cattolico che lavora nell'azienda bellica quanto noi che lavoriamo in una multinazionale. Il problema e' che la vita e' piena di compromessi e alla fine anche i nostri principi vanno a farsi fottere

Verosimile ha detto...

Sono parzialmente d'accordo. A tutto comunque c'e' un limite dato dal buon senso. Poco misurabile, e' vero, ma un conto e' accettare dei compromessi, un altro e' essere completamente contraddittori.

Paolino ha detto...

Spina,
è vero, l'incoerenza è un tratto genetico dell'umanità (probabilmente).
Ritengo però che un cattolico, in questo campo, abbia più responsabilità di altri...
Voglio dire: non sono proprio loro che sanno cosa è il Bene e il Male?
Che hanno la sola Verità, e la impongono al mondo intero?
Che i loro principi etici devono diventare principi generali?
Ebbé, se la mettete su questo pinao, cari i miei cattolici, io allora vi dico che dovete essere un esempio di coerenza estremo!
Ho una collega, che si professa cattolica, praticante, e su certi temi sorvola con una aria da superiore, e sapete cosa? Adora le pelliccie!!! Dio mio, sarà assurdo?
E allora, concordo con Veronica: un cattolico che lavora in un'azienda che opera nel settore bellico, è più incoerente di un ateo che si definisce pacifista! Con affetto e stima!

P.

spina ha detto...

Non sono d'accordo sul fatto che i cattolici abbiano piu' responsabilita' (e ti parlo da non cattolica), tutti dovremmo cercare di essere piu' coerenti possibile. Io adoro gli animali eppure mi compro decine di paia di stivali, sono incoerente ed e' ugualmente grave al fatto che un cattolico si compri una pelliccia. Io sono per la liberta' di pensiero, si puo' essere atei, si puo' essere cattolici. Quello che secondo me e' sbagliato e' cercare di imporre le proprie idee come se fossero,come dici tu, "la sola Verita'". E questo lo fanno i cattolici e lo facciamo noi nel momento in cui diciamo che loro hanno piu' doveri o obblighi morali.
Se io cattolico lavoro in un'azienda bellica sono incoerente.
Se io ateo e obiettore di coscienza lavoro per un'azienda che arrichisce il settore bellico sono incoerente ugualmente.

Verosimile ha detto...

Il discorso si complica. Ad esempio le pellicce, si possono evitare, un bel cappotto in Italia basta e avanza. Ma le scarpe? Le scarpe di plastica (o eco pelle) chi me lo dice che non abbiano un costo ambientale (in termini ad esempio di acqua e inquinamento) di quelle in pelle? Qui ci vorrebbe un'unita' di misura nuova che quantifichi l'impatto ambientale di ogni cosa. Per la coerenza, non mi sento cosi' sporca, da atea e pacifista. E comunque Spina, tuo marito mi sta simpatico, dovresti ascoltarlo di piu', pesce sciabola compreso.

spina ha detto...

Quello che volevo dire e' che un po' tutti siamo incoerenti chi piu' chi meno. L'essere cattolico non implica avere piu' obblighi morali, quelli li abbiamo tutti a seconda della nostra coscienza. Credo molto nel valore della tolleranza e l'incoerenza non mi piace in chi la pensa come me come in chi la pensa diversamente. Tutto qui.
E comunque tu non sei incoerente .... e anche a me tuo marito e' simpatico AHAHAHAHA

Verosimile ha detto...

Bene, per gli scambi di coppia, ne parliamo la prossima settimana.

Mastro ha detto...

E con questa sono gia' due le volte che mi fate ricordare:

"La guerra e' un valore o un disvalore?"

ragazzi Grazie! veramente
Grazie!
Se non ci foste voi mi sare gia'...
eh gia'.

gia'
achyp.

Verosimile ha detto...

Mastro, sono cose importanti. Anche a Tokyo. Ti linkero' in "Amiblog"

Mastro ha detto...

Amiblog

e che roba e'?

Horiceso.

Verosimile ha detto...

Blog di amici (hai poca fantasia)