Mi ci sono trovata davanti. Dopo aver portato alcuni giocattoli usati al Rigiocattolo, ho visto il Cimitero ed avevo ancora una mezz'ora prima di andare a prendere i bimbi a scuola. Sono entrata, erano decenni. Ho chiesto indicazioni all'ufficio e mi hanno dato l'indirizzo. Sono andata prima da mio zio, mi ricordavo abbastanza bene la posizione, e poi ho proseguito nella zona pargoli. Lì c'è Sabina. Eravamo in seconda elementare e lei viveva proprio all'uscio accanto. Giocavamo tantissimo l'una nella casa dell'altra, e Babbo Natale ci aveva portato lo stesso bambolotto, morbido e inerme, "Bimbino". Portava le calle alla maestra, mi suonava per andare a scuola insieme con le calle in mano, la prima volta mi ero illusa fossero per me. Poi si ammalò. Ma non sembrava così grave. Ma poi si aggravò.
Morì prima della fine della scuola. Non mi ricordo come me lo dissero, chi me lo disse, come reagii. Mia mamma si ricorda che per un po' mantenni un tic nervoso. Io rammento che capii la morte. E la capii così come la capisco adesso, non mi sono spostata di una virgola da allora, più di trent'anni passati senza evolvere di un millimetro su questo. E così la capii quando successe di mio zio.
Mi ricordavo una bambina gonfiata dalle medicine, invece ho visto una foto di una bambina bella e liscia, con delle rose accanto.
2 commenti:
Perdere una persona cara fa sempre l'effetto di un vuoto incolmabile.
Perdere un'amica d'infanzia, per di più durante l'infanzia, è un pugno nello stomaco che il tempo fa solo accantonare, mai dimenticare.
Avrei voluto incontrare i suoi genitori e dirgli: io me la ricordo. Sarebbe stata una vanità.
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