Stamani sul treno
ho incontrato un mio compagno dell’università. Come i vecchi veri, ci siamo
messi a parlare, ma soprattutto a ridere, dei tempi dell’università. Ovviamente
abbiamo iniziato col Puro.
“Ma ti ricordi
quando cercavamo di lasciare il Puro sul treno, addormentato? Che stronzi,
sarebbe arrivato fino a Grosseto”
Spesso
viaggiavamo su quei treni senza l’open space che usa adesso, ma coi sedili in
similpelle marroncina, a gruppi in stanzette separate.
“Non eravamo
stronzi, eravamo giovani. Da giovani una gita a Grosseto ci può anche stare”
“E quando abbiamo
sostituito il tè del Puro col vino della mensa dentro la sua borraccia? E
quando gli abbiamo regalato la sveglia per il compleanno e quella, a fine
lezione, ha iniziato a fare chicchirichì e a dire che erano le 16. Il prof. non
capiva se fosse un’allusione al suo proseguire la lezione oltre l’orario.”
“Eh si, e quando
il Puro ha scritto alla fine del suo compito le parole Nome e Cognome anzichè
il suo vero nome e cognome?”
“No, questa non
me la ricordavo”.
Poi siamo passati
all’abitudine che avevamo di dare soprannomi a chi non conoscevamo di persona,
tanto che di molte persone anche dopo non ho mai memorizzato il vero nome.
C’erano Agliana, dal peasino di origine, Voglia di Topa Bionda, l’assistente
con quella strana chiazza di capelli biondi su sfondo scuro (adesso chissà,
sarà brizzolato), Bello Culo, altro assistente col culo ritto e sodo come una
brasiliana bianca, Occhi Pallati, che era una lei.
“E quando sul
treno, tutti insieme, cantavamo Allo zoo?”
“Si, che scemi”
“Che scemi...”.
2 commenti:
Ogni cosa a suo tempo
Ovviamente.
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