mercoledì 2 dicembre 2009

Pan per focaccia



Ieri il capo del capo del capo del capo ci ha detto che il nostro gruppo deve essere dislocato, mantenendo in Italia solo poche persone. Per “dislocato” probabilmente si intende in America, per “poche persone” le nostre interpretazione vanno da 5 a 15. A parte il contenuto poco confortante del messaggio, non mi e’ piaciuto molto il modo, cosi’ di fronte a tutti in un “All Emplyee Meeting”; mi sono sentita addosso gli sguardi compassionevoli ed anche sollevati (tocca a loro non a noi) degli altri, ed avrei certo preferito un incontro tra i soli interessati. Il capo del capo del capo del capo ci ha anche detto che abbiamo dimostrato poca flexibility in quanto nessuna di noi ha accettato l’opportunity di trasferirisi in India o in Messico. Adesso abbiamo la possibility di sperimentare il sogno americano.
Ho sempre lavorato con professionalita’, rispetto delle scadenze e delle persone che hanno lavorato con me, perseveranza verso gli obiettivi. Eppure, in linea con la morale di Manzoni che la sapeva lunga sulle multinazionali leader nel settore, questo non mi evita di incappare nel Don Rodrigo di turno pronto a rapire la mia bella Lucia.
Sara’ perche’ non ho mai capito la vision, condiviso la mission, e quando mi dicono che qualcosa e’ challenging mi aspetto una grande inculata.

4 commenti:

Ale ha detto...

Quanto hai ragione...le possibility se le tengano loro...a noi dateci un cavolo di posto di lavoro sicuro...
Mah, in bocca al lupo!

Verosimile ha detto...

Ci e' stato anche detto che noi italiani siamo fissati col posto fisso, la casa e la famiglia. Sembrava grave come fare uso di cocaina. Crepi il lupo.

Spartacus ha detto...

Mastro Titta passa ponte

Non si può certo affermare che Giovan Battista Bugatti non si applicasse con scrupolo alla sua attività.

Iniziando da giovanissimo, praticamente non conobbe la pensione e lavorò fino all'età di 85 anni, collezionando nell' arco della sua gloriosa carriera più di 500 "tagli".

Era anche uno che viaggiava parecchio tra i vari mandamenti dello stato pontificio, da Roma a Rieti, da Foligno a Fermo, da Gubbio a Porto Recanati e visti i mezzi di trasporto dell' epoca, si potrebbe considerare un globetrotter ante-litteram.

Non gli si poteva certo rimproverare una scarsa flessibilità o riluttanza a compiere i propri servigi laddove venissero richiesti; possedeva una ammirevole dedizione al lavoro, con una mission e una vision ben chiara dinnanzi a sè.

Certo, il suo lavoro contemplava lunghe pause di inattività. Non é che gli offrissero tutti i giorni dei condannati a morte da mazzolare, squartare o ai quali tagliare la testa. Queste pause erano per lui i periodi peggiori, quelli in cui rimaneva chiuso in casa, a via del Campanile, aldilà del Tevere, vicino al Vaticano, suo datore di lavoro.

Sapeva di essere malvisto dalla popolazione, ma era anche conscio di come la gente accorresse curiosa ad assistere ai suoi all staff meetings, ogni volta che "Mastro Titta passava il ponte", ogni volta che si recava a Piazza del Popolo o vicino al Circo Massimo, nei rioni popolari, per tagliare la testa a qualcuno.

Perché le esecuzioni dovevano essere pubbliche, per servire da monito a tutti! Allora il sollievo di chi non era coinvolto si mescolava con il suono degli sganassoni affibbiati ai figli affinché quel momento si fissasse nella loro memoria e non si facessero strane idee per il futuro.

E mostrando la capoccia tagliata e sanguinante alla popolazione, Mastro Titta ritrovava finalmente il senso di se stesso, fedele servitore di uno stato pontificio e di un papa che non aveva mai incontrato.
Mastro Titta, un uomo con tanto pelo sullo stomaco.
Non come i boia di oggi, che il pelo ce l'hanno sulla lingua...

...e non é il loro.

Verosimile ha detto...

In questo gioco delle parti, tra esecuzioni in piazza e moniti collettivi, non mi va di essere ne' la vittima, ne' il carnefice, ne' tantomeno l'immoto spettatore.