
Alle prime turbolenze mi viene un po’ di ansia. Più passano gli anni, più si ha paura di morire, mentre quando siamo giovani e davvero è più ingiusto morire, non ci pensiamo neanche. Dieci anni fa affrontavo praticamente ogni volo con un sonno pacifico.
Avevo anche dimenticato che in aereo, e solo in aereo, si beve il succo di pomodoro; “Tomato juce?”, “Yes, with spaghetti please”. Mi verrebbe da dire alla hostess plastificata che mi chiede cosa vorrei bere.
Certo che il passaggio da domenica, a Sant’antimo, tra querce, ragni giganti, e topo mamme con topo figli al seguito, a questo mondo patinato di aeroporti, è piuttosto brusco.
Mio figlio poi mi ha salutata in lacrime.
Comunque i vestiti delle hostess sono davvero orribili. Il peggiore, quello della British: una tenda da doccia con la cintura. Gli inglesi avranno pure il pregio dell’azione, ma non certo quello dell’eleganza. Altro che “very nice”, a me sembra piuttosto “awful”.
Particolare e grazioso invece ho trovato quello della Singapore Airlines. Passabile l’azzurro della Air Dolomiti, almeno sembrano tutte degli angeli volanti.
Stoccolma me la ricordo congelata, e bellissima. Gli svedesi, congelati, logici, corretti.
Il caffè, tremendo.