Niente deserto. Niente cammelli. Nei pochi giorni in cui sono stata là, al di là delle cose che mi aspettavo di trovare come la torre più alta del mondo, più di 800 metri, o l’hotel più lussuoso del mondo, una vela in cui i piani più bassi sono sommersi nell’acqua come un acquario, mi hanno colpito l’ordine e la pulizia. I locali indossavano il tipico abito lungo, bianco e candido, in testa il copricapo lindo e stirato alla perfezione, da tirare indietro come si fa con i capelli lunghi. Molte donne scoprivano appena lo sguardo sotto un lungo abito nero ricamato, altre occidentali vestivano abiti comuni per noi.
Poi molto caldo ed umidità, anche se una coppia italiana che gestisce un ristorante da tre anni mi spiegava che in inverno si sta bene, 25 gradi e clima più secco.
E molta aria condizionata.
Costruiscono grandi palazzi dall’architettura avveneristica, come uno avvitato vicino al nostro albergo. Ad oggi queste strutture sono semivuote, ma forse sono investimenti o speranze di un futuro boom economico della zona.
Per le strade nessun murales, nessun accattone, magari si concentrano in altri luoghi. Alcuni fanno jogging lungo la marina, popolata da qualche barca.
Una sera il locale dell’hotel si è animato di vita e cosce scoperte. Quella stessa sera sono stata accalappiata per un pelo dal personale quando per sbaglio stavo per entrare nel bagno degli uomini. Sono molto attenti a certe cose.
Al ritorno ho fatto spese al duty free, cosa che faccio di rado, ma mi servivano degli occhiali da sole ed un regalo tecnologico per marito. In effetti c’è da divertirsi, anche perchè il duty free è molto meno ordinato di tutto il resto. Molto più vicino al nostro immaginario circa quello che è “arabo”. Nonostante i Rolex appesi alla parete per ricordarti che ore sono.
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