mercoledì 2 gennaio 2008

Livornesita'


Mi è capitato di ammalarmi a Livorno (ormai risiedo a Genova da dieci anni) e di dover ricorrere al medico di famiglia dei miei. Anzi per essere precise c’era il Sostituto, quello che lavora a Natale Pasqua e Ferragosto. Mio coetaneo, lettore del Vernacoliere. ”Pensavo tu fossi più vecchia” mi ha detto appena entrata. Incerta se fosse o meno un complimento, ma convinta che alla fine non aveva importanza, mi sono fatta visitare.
Alla fine della visita gli ho chiesto quant’era. “Ma scherzi perdavvero?” mi ha risposto. Io, che sono dell’ariete, quindi dura, ho insistito. “No guarda un c’ho nemmeno il libretto delle ricevute” e detto fatto ha aperto la borsa di pelle da medico di fronte alla mia faccia mostrando stetoscopio e poco altro.
Bada ganzo “Allora spero di rivederti aggiro invece che in uno studio medico la prossima volta, grazie e buon anno” ho risposto io.

Non è tanto il discorso monetario che mi ha colpito, quanto il modo sincero e informale, i gesti semplici e risoluti, il fare scherzoso oltre che professionale.
Mi hanno detto che i livornesi hanno trasformato questa genuinità in pura maleducazione, perdendo la nota generosità e ospitalità.

Eppure io la livornesità vorrei che fosse così; una laurea in tasca ed una borsa senza il libretto delle ricevute dentro.

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